Lo sguardo sulla vita

Con innata tenerezza

Mi sarei attaccata all’olio rovente, pur di andar via da quel posto, mi disse con gli occhi sgranati davanti al pubblico.

La peggior sconfitta della vita, sa qual è, dannazione? è quando qualcuno vuole fermarla. Ma ci pensa, che follia? E se ci prova per tutta la vita, poi esplode, distruggendo la vita stessa, perché non ci riesce.
Perché non si può. Perché non si deve. Perché è un sacrosanto diritto universale, quello che la vita viva.

Così facendo, la impedì. E nessuno la visse. Quegli anni non tornarono mai più.
E poi, non contento, la congelò. Ma non fu l’unico in quell’anfiteatro.

E mentre vi incrocio, vi guardo, provo enorme tenerezza
Quella che nessuno era stato capace di avere per me

Nemmeno io

Guardavo il passato e i suoi tragici risvolti, dramma personale nel dramma familiare, con un velo di carezza.
Per me, in assoluto.
Ma soprattutto, imparavo a farlo guardando voi. Incastonati sempre lì.

Urgente e necessario sguardo di cuore.

Perché avevo quasi trent’anni e finalmente un età, non il niente, ma proprio un’età, e soprattutto a differenza di molti altri, ero miracolosamente andata avanti. Crescendo. Evolvendomi ogni giorno.
Ciò che per il dictat era inaccettabile e impossibile da fare proprio, suo: lasciare che la vita data vivesse, e con orrore e vendetta, con marziano sgomento, la scoperta o forse mai, che non fosse prolungamento dello stesso.
Congelando quella vita per sempre.

Ma lei si era sciolta e ribellata e scoperta. Ogni giorno. Da sempre. Facendo il suo dovere di vita. Insolente.
Con innata dolcezza.
Perché se non fosse stato in quel contesto, sarebbe stato tutto tremendamente e meravigliosamente giusto, nei tempi, normale. Dove quando tiri un filo sulla lana del cielo, l’altro lato si accorcia, e va bene così e non succede niente, e va bene se oggi non muore nessuno. Niente di urgente.

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