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Amori rotti e
im-propri riscatti

Abbraccia aperte, ha il master, Mirta
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Si impara tardi a difendersi dalle parole
Erri De Luca

Gli uomini di Mirta erano così, volevano il cambiamento, il riscatto della vita, la nuova strada, il porto sicuro, con lei e attraverso di lei,
eppure, non se lo prendevano mai.
O sparivano o ci sguazzavano beatamente fino a che Mirta non esplodeva in mille petali.
Mirta questo riscatto sapeva darlo senza remore, e loro lo sapevano bene, cosa loro chiedevano lei glielo dava senza dubbio alcuno. Con tutte le braccia. E paziente, come Maria al cospetto della Resurrezione di suo Figlio si faceva mezzo di coraggio.
Gli uomini di Mirta non sapevano che non lo volevano davvero questo cambiamento, e di non riuscire, soprattutto, a cambiare niente. Né della loro vita, né della loro condizione, casa, cane, amante, amore, famiglia, lavoro, macchina, pelle, ispirazione, umore, né di se stessi.
Ma se non lo volevano. Perché lo chiedevano?
Volevano un riscatto, e Mirta, master in riscatto, glielo dava. Nel momento in cui loro si rendevano conto che non potevano cambiare la loro vita in alcun modo, che non volevano, che non ne volevano più sapere, che mai avrebbero voluto mettere in dubbio se stessi, come tanto avevano promesso e voluto, non si mettevano in discussione, articolando un pensiero di un umano senso nel mondo, sarebbe stato troppo facile.
Urlavano, alcuni, si zittivano altri, graffiavano, tutti, sradicavano, cambiavano davvero, ma nella direzione opposta alla sua.
Desiderosi di quel cambiamento risultato im-possibile, spaventati, toglievano la terra a chi avevano davanti, specchio del loro fallimento, tappandone la fonte.
Eliminavano lei.
Senza se e senza ma.
Senza alcuna remora. Senza alcuna delicatezza. Senza pensiero.
Con la stessa urgenza mostrata nel volerla, mettevano in salvo loro stessi. Dalla paura. Dal caos. Dal terrore di vivere. E non pensavano a lei. Ultimo dei loro problemi.
Gli uomini di Mirta chiedevano amore, importanza, protezione, riscatto. E lei dava amore, importanza, protezione riscatto. Si prendevano tutto, loro, tutto il disponibile. Poi tornavano alla loro vita.
Mirta non voleva cambiare le persone, il solo pensiero le faceva schifo, sapeva che nessuno cambiava se non lo voleva, lo aveva imparato da Mirta piccolina. Voleva fare qualcosa di più raffinato e deleterio, voleva riscattare la vita, in tutte le sue forme, perché sentiva forte il desiderio dell’altro. Il loro. Fortissimo. Così forte da bruciare come un fuoco di paglia. Memore del fuoco, il suo.
Non le interessava che cambiassero per lei, ma per quanto lamentavano di loro stessi.
Io ti sorreggo quando e come vuoi, io ci sono, ti tengo quando cadi e cado insieme a te, io ti proteggo, non avere paura, ci sono io, hai tutto il tempo, per fare come, cosa e quando vuoi. Io sono qui. Non posso cambiarti nè cambiare le cose. Ma aspetto anche tutta la vita se mi dici di sì, che vuoi fare il passo coraggione.
E lei paziente. Come Maria aspettava la Resurrezione. Ti dò tutto quello di cui hai bisogno. Usa tutte le mie risorse.
Ma l’unica cosa coraggiona che loro erano in grado di fare, come lei di aspettare, tutti, nessuno escluso, era solo una. Eliminarla.
Negarla.
Cambiarla.
Umiliarla.
Eliminare il desiderio di cambiamento che non riesce a compiersi. Era questa la soluzione.
La loro.
E quella di Mirta? Sparire nella negazione di un uomo desiderante e rotto, che la guarda come una Madonna, la accende come un fuoco e poi la brucia, la spegne, e poi la nega. E Mirta, nonostante conoscesse bene il meccanismo del suo personale posizionarsi davanti agli uomini, e perché, non mollava. Non le bastava più saperlo.
Mirta non ne poteva più.
Si impara tardi o forse mai a difendersi dalle parole, dai gesti, dal non senso. Dall’incomprensione. Mai si impara, se ci si aspetta che l’altro si comporti con noi con la nostra stessa scala di valori. Mai si impara se si ascolta l’altro come fosse legge, e si prende per verità la parola di chi ci parla, di chi ci dice, di chi ci promette, di chi ci sceglie.
Mirta era così, fissata sulle parole sui gesti delle persone. Non si capacitava se qualcuno le diceva A non manteneva A. Che se diceva A pensava B. Che se diceva C intendeva A. Per poi fare B e rinfacciarti Y. Non ce la faceva proprio a mollare sulla fissazione di ascoltare e prendere per Vangelo il Verbo dell’altro. Ma cos’è questa eterna condanna? Diceva sempre lei. Basta! Basta! Io non ne posso più!
Ma non si ascoltava. E incappava sempre nella stessa fiducia. Nella stessa ingenua posizione astrusa.
Mirta non lo capiva che le persone dicevano cose per dire. Ti amo per dire.
Facciamo la pasta insieme per dire.
Passo a prenderti per dire.
Ma perché dirlo se sai di non essere capace? Per dire di farlo se non sei in grado?
Perché mi vuoi amare, se sei sposato?
Perché mi convinci che stai divorziando? Perché dici di voler guarire dai pugni che mi dai e poi non lo fai mai?
Perché vuoi me se ti stai per sposare?
Perché vuoi me se di una relazione non sai che farne?
Perché farmi credere che resti, e convincermi, poi che sono io la matta, la bambina, la stupida. La donna da eliminare.
Mirta appena sentiva parlare di amori rotti, si fiondava. Davanti a un incontro che non aveva neanche scelto, lei si era già fiondata.
Ogni amore rotto era il suo.
Tutti quelli a brandelli della terra erano i suoi. Di tutte le età, di tutte le estrazioni sociali, con qualsiasi mansione, maglietta, pantalone, mutanda. Colore della pelle. Altezza. Larghezza. A lei niente di tutto questo importava. A lei importava aprire le braccia, ogni petalo, e accogliere la rottura e farla sua.
E no non ci riusciva a dire di no appena questi cuori rotti la desideravano anche appena.
Ma allora perché mi desiderate se non potete avermi?
Se non sapete tenervi?
Perché sanno che li tieni tu, Mirta. Che spasso trovate una come te!
E quando mi convincete con ogni cellula di voi stessi a lasciarmi andare, alle vostre braccia, a voi e mi convincete a fidarmi a tutti i costi di voi, com’è che appena ci riesco voi ve ne andate?
Oh, Mirta, ma ancora che ti fai questa domanda?
C’era chi la adulava, chi la tratteneva, chi la abbracciava, chi la picchiava. Chi la invitava, chi lavori prometteva, progetti, figli, case, esperienze, luminarie, rinoceronti, palazzi, città,
il tutto, ma soprattutto il niente.
Lei, solo per la costruzione di un amore avrebbe dato la qualunque senza ricevere niente.
Era la sua eterna promessa.
Ricomporre amori rotti, cuori rotti, uomini rotti.
Non c’erano santi. Né scuse. Né dubbi.
La gamma delle esperienze nel corso del tempo si faceva sempre più articolata, la scelta mirata e raffinata.
La costruzione si buttava sempre a capofitto, sempre irrisolta, sempre disastrosa, sempre più dolorosa.
Violenta.
Gli amori rotti chiedevano di essere visti, di essere presi. Mirta senza pensarci, o anche se ci pensava a lungo non serviva, prendeva in mano gli amori rotti, e se ne prendeva cura.
Era istintivo. Fortissimo. Una droga. Astinenza di risoluzione.
Era fondamentale per lei riscattare ciò che non si era mai risolto. Ciò che non si era mai preso cura di sé. Ciò che al mondo non era mai stato amato, diventava suo. Tutto ciò che era stato solo preso a pugni, suo. Quello che non aveva mai incontrato, suo.
Il suo. Era nata che quel suo non c’era già più.
E lei senza chiederselo, aveva votato la sua vita per sistemarlo. Quell’amore rotto. Mai visto. Mancato. Il suo.
Così, appena ne vedeva uno, uno che la desiderava ed era già bello in frantumi, lei non si sapeva difendere, non si sapeva allontanare con un bel no e non riusciva a dire stai alla larga, invece di avere sempre quella mano aperta da tendere.
Mirta è stanca. Ingenua. Ancora che si fida. Mirta semplicemente non lo vuole, un mondo in cui vivere per difendersi dalle parole.
Però si impara, ad un certo punto, per sopravvivenza. Si impara, se si vuole, ad ascoltare almeno la propria stanchezza. Che magari se lo meritava anche lei, un amore.
Che si spogliasse senza vergogna e si prendesse cura.
Ma di lei.

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