
Primula
l’amore non divide

Filo su acqua, primule e sole

Primula ormai lo sapeva, che se c’era il sole non poteva esserci l’acqua, se c’era l’acqua non poteva esserci il sole.
Come c’eravamo arrivati così?
Perché tutt’a un tratto? Ma davvero si deve scegliere tra l’acqua e il sole? Ma come si fa a crescere sani e forti senza l’uno compresente all’altro? E il cielo? E le nuvole? Qualcuno morirà. Prima o poi, qualcuno morirà!
E aveva bisogno di Sole, Primula. Ma non si poteva. Aveva freddo, Primula, perché d’inverno aveva bisogno di bere il tè caldo all’uvaspina, ma anche di essere scaldata dall’abbraccio della sua stella preferita, Sole, che fa bene al cuore e asciuga ogni dolore.
Sole era una stella grande, generosa e bella, sempre in ordine ed estremamente pulita, di sani principi e di grandi valori, una di quelle stelle tutte d’un pezzo. Amava amare, amava dare, amava coccolare, ma tradita la sua fiducia era difficile riavere il suo benestare.
Non sopportava che facessero del male a chi amava, specialmente alle rose del roseto di via del Mirto, sopratutto a una in particolare: una rara, che da sempre era stata, dai suoi raggi, accudita. Spesso era accaduto che per quanto non condividesse certi comportamenti della sua rosa, o degli agricoltori che la mettevano all’angolo, finiva per farle terra bruciata tutt’attorno cosicché nessuno la toccasse, o peggio, non permetteva compresenza di niente e nessuno, insieme alla sua luce. Non voleva, non condivideva, non accettava la realtà.
L’accaduto. Il recente passato. Aveva un grande limite. Del tutto rispettabile peraltro: un comportamento ignobile con la sua rosa ed era capace di cancellarti. Sì, un limite invalicabile, e non c’era ascolto.
La rosa soffriva. E insieme a lei la piccola Primula che era nata accanto a sé grazie all’acqua dell’ultimo inverno.
Nonna Sole, già, la sofferenza l’aveva cambiata di certo, ma la sua dolcezza, spesso poco notata, non era mai mancata, si espandeva continuamente con dei raggi così grandi, soffici e caldi che stare vicino a nonna Sole era sentirsi amati. E Primula non aveva bisogno di troppe spiegazioni, lo sapeva.
Ma nonna Sole, da qualche mese era diversa. Non sorrideva come prima, non si lasciava andare come sempre, specie con la sua rosa. Anche con Primula.
Per lei in particolare, l’idea di essere amata in alternanza, quasi a intermittenza non la faceva dormire di notte. Che cosa aveva fatto di male per non potersi far innaffiare, come sempre, mano per mano a nonna Sole? Non si sentiva più forte come prima, non si sentiva subito rinvigorita e rigogliosa, coraggiosa davanti alle intemperie e le margherite invidiose.
Non aveva molte certezze, ma almeno quella del sole e l’acqua, come minimo, la pretendeva.. La pretendeva insieme. Soprattutto perché non aveva scelto lei di vivere un amore alternato. Lo subiva, e nessuno la ascoltava.
Primula amava la parola insieme.
Non la capiva una vita senza insieme. Questa cosa che da un po’ doveva farsi buio per poter bere e morire di sete stando al sole, non la capiva. Le cose non cambiavano. La rosa non riusciva a trovare uno snodo comunicativo con nonna Sole, voleva riuscire a trovare le parole giuste per la sua stella, ma non riusciva, tutto era motivo di discussione, ci si sentiva, ma non si ascoltava. Le avrebbe voluto dire che aveva ragione, che concordava su tutto. Ma anche che, se l’amava davvero, doveva lasciar cadere, mollare, e accettare che la vita, la sua personale scorresse secondo i sentieri da lei desiderati. Sbagliati, giusti, ma suoi, e preziosi per questo. Avrebbe voluto una sospensione di giudizio continuo nei suoi confronti e trovare in lei, come un tempo, dialogo, sicurezza, intimità, rifugio. Anche quando ai suoi occhi stava sbagliando.
Ma non era facile spiegarlo al suo Sole. E lei, dal canto suo, aveva sempre, nonostante fosse cresciuta, la paura di deluderla.
Anche Primula, e non da poco, aveva iniziato a farsi tante domande, si sentiva sbagliata per nonna Sole. Probabilmente quella scelta a cui la sottopone a era dipesa da lei. Pensava che i grandi erano troppo strani per poterlo capire.
Avrebbe voluto dire anche lei a nonna Sole che non è mica semplice accettare e smettere di fare, lo sapeva bene anche lei. Lo sapeva perché aveva dovuto accettare che la sua migliore amica, Talpina, fosse cieca, e lei non poteva fare niente per farle riprendere la vista. Poteva solo accettare di starle accanto come poteva. Trovare nuovi modi, nuove vie per giocare. Oppure accettare che i suoi amici maialini, da grandi e anche da piccolini, venivano mangiati. Non poteva cambiare la sorte delle cose, sebbene ci avesse messo tantissimo impegno, per anni.
Perché a un certo punto, cara Primula, si capisce una cosa preziosa, che fa vivere meglio, noi stessi e gli altri, le disse un giorno nonno Venere, un giorno che la vide triste triste sotto il muschio, mentre le rose dormivano:

sai Primulina, a un certo punto, per non morire, si deve accettare, anche senza condividere. E decidere eventualmente, se stare o meno accanto.
Perché sai, piccoletta, non potremo mai controllare tutto, e se ci pensi, non sarebbe neanche giusto.
Crescendo si impara a mettersi vicino, cosicché chi amiamo possa scivolare, saltare, farsi male, ritornare sui suoi passi, o finalmente veder fare loro cosa avremmo voluto e avevamo visto prima che loro avessero occhi per vedere. Nessuno, nemmeno la stella Sole può decidere per la vita o la felicità di una Primula.
La più grande prova d’amore che possiamo dare in vita è lasciare che le nostre rose, a cui abbiamo dato tutto di noi, a cui daremmo tutto e faremmo di tutto per loro, vivano, che le Primule che abbiamo visto crescere e protetto tutta la vita, vivano coraggiose il loro prezioso viaggio come meglio credono.
E non è facile, e costa fatica, costano lacrime.
Costa impegno, non fare.
Ma dobbiamo esserne fieri, perché saremo sicuri, per sempre, che loro vorranno cercarci, perché ci saremo sempre per loro.
Sapete anche quando? Anche se loro decideranno di morire. E quanto è atroce vedere rovinarsi la vita di chi amiamo? Puoi fare di tutto: obbligare, ascoltare, sentire, proibire, allontanare, ma finché non saremo nei loro panni, nella loro struttura, tra i loro fantasmi e le loro paure, non potremmo fare altro, che star loro accanto. Qualsiasi cosa decideranno. Anche se a noi fa male. Anche se noi non vorremmo ed è l’ultima cosa al mondo che permetteremmo a chi amiamo.
Amare è questo, saper accettare. Smettere. Amare è questo, non fare. Amare è dare gli strumenti, e vedere comunque gli altri sbagliare. Amare non è un aut aut. Non è scegliere il sole o l’acqua. Perché senza nessuno di questi due la vita è possibile.
Amare è lasciar sbagliare, provare, tentare e ritentare.
Passava il tempo, e Primula si era abituata al buio, col suo prezzo da pagare e alla luce, con le labbra sempre screpolate.
Soffriva col sorriso, soffriva come soffrono le Primule burlone di natura che devono tenere sulle foglioline un peso non loro. Per non destare noie, fastidi, e difficoltà, e non lo diceva che non ne poteva più. Perché le Primule sono molto sensibili, intelligenti e riflessive, sanno sempre, purtroppo, come farsi da parte, specialmente se vedono il Sole con le rose del roseto agitarsi, i fiori grandi pieni di formiche sbattersi all’innaffiatoio rotto, insieme all’acqua imbevibile, tutti stanchi.
Primula piangeva di nascosto, mentre guardava tutti i suoi preferiti battagliare nel silenzio, nel diniego, immersi nel loro avulso caos.
Le Primule ti guardano con gli occhi grandi grandi e se ti vedono triste ti abbracciano, anche se loro lo sono di più.
Insieme, le frullava sempre la parola insieme.
Ho tanto freddo, si diceva. Non capiva le recinzioni che mettevano i fiori grandi, i concimi cattivi, la mandria di pecore che di tanto in tanto calpastava tutto senza chiedere il permesso. Ma Primula sapeva che doveva adattarsi, per non perdere nessuno. A volte era convinta di essere lei la colpevole di quella alternanza.
Ma a lei di dissetarsi al buio, non andava più.
Primula però non era stata sempre triste.
È sempre stata una piccoletta curiosa, vivace, con una voce da perfetta. La mamma la coinvolge nelle scenette, nelle letture, nella sua passione di piantate e coltivare serre di libri. Primula è nata così, tra i libri, tra le pagine di concime buono e l’acqua fresca dei rigagnoli.
Solo che bisognava fare qualcosa, perché stava appassendo. E nessuno se ne accorgeva.
Voleva dire a nonna Sole una cosa: non ti adirare troppo con la tua rosa, che è anche la mia. Restale accanto e abbracciami forte anche quando è difficile capire e vorresti solo gridare di no, perché abbiamo bisogno dell’acqua per non morire e di desiderare acqua ogni volta che coi tuoi raggi ci fai riscaldare i gambi e la punta dei petalini. Ho bisogno di un cielo sereno per giocare a fare le discese sui braccioli delle panchine. So che è difficile e per te non sembra giusto ma la tua rosa è forte, è grande, devi essere orgogliosa, perché se tu che così donna l’hai cresciuta. Se la ami, accettala per come è, per i casini e la meraviglia che ha costruito attorno a sé.
Prometti che ci pensi un pochino anche per me?
Ti vogliamo tutti un mondo di bene, nonna Sole, anche se a volte è difficile e non ci capiamo, ma tu sei il nostro Sole. Grande Grande come una torta di compleanno. Resta con noi, anche se spesso non vorresti.
Resti?
Accanto a noi, se puoi. Puoi?
Vorrei bere l’acqua come un tempo, alla luce del Sole. Insieme. Con mamma Rosa del roseto, felice. O almeno, che ci prova. Diglielo che sei, di lei, orgogliosa. A prescindere dalle scelte che fa. Mi prometti che questo buio un giorno presto, anche domani, ci prendiamo tutti insieme sorridiamo, e facciamo tutti insieme mani mani?
Perché sbaglieremo tutti ancora. Su questo potrai esserne sicura.
Ma a me piace pensare che questo Natale lo passeremo tutti insieme, e che il Natale, il nostro, vada da questo al venticinque dicembre al prossimo.

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