
Il Corpo di giudizio
Senza spazio

Filo su pancia

La natura che fa il suo corso andrebbe rispettata
Andrebbe rispettato il suo percorso, la sua evoluzione e il suo involucro
La linea che segna quel nostro confine prezioso
Andrebbe colta la sua propensione al futuro e la sua curva
Andrebbe amata e ammirata
Coccolata e coi guanti bianchi toccata
La vita che entra ha bisogno di spazio e io non gliel’avevo mai dato, era facile tenere tutto stretto col cappio del dolore e della sofferenza
Metodica e concentrata sofferenza da mangiare
Scuro e spesso dolore da cullare
Uno da righello affilato e da lama sulla testa
Doveva restare tutto nella forma del bambino
Non occupare spazio né parola
Non avere dimensione né peso né alba né donna
Né forma
Non donna tu donna
Mai donna io donna
che donna?
La felicità spira come un vento e per entrare ha bisogno di spazio
Di androni larghi, di luci accese e finestre aperte
Di anfratti comodi e morbide discese
Era facile tenere tutto stretto grazie al dolore
La distrazione permette all’aria di entrare nel corpo
Ma ci vuole del posto
Che non ero in grado di concedere
Neanche un soppalco, neanche una piccola cantina
Restavo concentrata per non farla entrare
Perché non entrasse altra gioia
Nemmeno l’aria
Ne era entrata troppa
Mi faceva paura
Mi ero distratta a vivere, era un peso da dover smaltire
Sparire
Contrappasso invisibile
Ma io non ero una persona triste
La tristezza me l’avevano insegnata
La sapevo respirare
E ripetere
Ma non insegnare
a ribellarmi avevo imparato da sola
Rilassa quella pancia e lascia quel giudizio.
Cambiagli la lingua così non lo comprendi.

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