Impuniti, non assolti

C’è una grande differenza
Filo su Medioevo, le sbarre, la fine

Il ballo delle iene lustra le scarpe ai servitori del nulla, mentre i giusti camminano guardandosi da lontano. C’è l’alzabandiera e ha un messaggio chiaro. Ma tu sei cieca e non lo vedi.

Che bisogna fare, in questa vita, per essere credute e avere giustizia? morire, era l’unica risposta che riuscivo a dare. Non essere qui, mi ripetevo. Parlare quando era il momento, mi ripetevo. Ma non era mai il momento. E quando malauguratamente ti credono, perchè la verità è che ti credono, sai che succede? che non basta, non basta mai, i perchè diventano altri. Tu non ci sei più, la narrazione, dal primo giorno, diventa un’altra. Paradossale e ironico almeno quanto chi dovrebbe stare da una parte delle sbarre, sta a ridere, dall’altra.

Anche l’ibisco oggi chiude la sua corolla perchè il dolore è troppo forte per tenere le braccia aperte. Gli avvoltoi, in un brodo caldo e torbido, si stringono l’un l’altro deridendo la giustizia, e cantano, cantano sguaiati la fine. Oggi i giusti muoiono per eccesso di speranza.
Solo oggi però, domani concimeranno fiori più grandi.

L’accettazione di ciò che non era in mio potere distruggeva le dighe del pianto,
ero solita partecipare alle guerre degli altri giocando sempre un’altra partita
mi aspettavo si usassero le regole della mia
le parole, i legnetti, le bolle
rimanevo spezzata e delusa
quando vinceva solo il cannone sparato più forte

Ero appena morta di una lunga malattia combattuta per più di sei anni
O forse, a pensarci bene, molti di più
La mia morte si prendeva via tutte le altre malattie, risucchiandosi l’idea che nel mondo chi commette reato paga
che chi fa del male alla fine chiede scusa
che le amicizie non facciano sentenza
che l’offesa non diventi l’imputata
che la giustizia, madre sacra, con cui non si discute
che la magistratura non sia di parte, accanita e violenta in barba alla professione data
che la verità riesca a venire sempre a galla, che ogni vita astuta di malafede abbia la sua condanna
che la mafia si possa girare un giorno a ragionare
E che l’onestà sia elemento imprescindibile per relazionarsi col mondo in cui si abita
che le persone dicano sempre la verità
che ogni uomo e ogni donna si prenda la sua responsabilità
Ero appena morta di una malattia dilagante che nessuno vede perché si nasconde nelle case
E se qualcosa si nasconde, e nessuno guarda oltre, allora non esiste?
ma se qualcosa per qualcuno non esiste, si può dire di averla vissuta comunque?
E quando muori, ciò che hai combattuto per una vita, dove va a finire?
Ero appena morta di una malattia che non è morta con me,
continua a mietere vittime, a contrarre predatori senza scrupoli
Sapevo solo che l’imputata per una vita ero stata io,
rivoltata, umiliata, sbattuta per le aule senza vestiti, e che l’offeso burattinato se l’era goduta sulla poltrona, mai toccato da fastidio alcuno, protetto dal suo nucleo
E che la guerra si faceva con chi ha il coraggio di parlare perchè parla, non con chi commette reato perchè lo commette e non parla
parlano gli altri per lei, o per lui
Foglio che affoga in un mare di menzogne
Foglio stappato con sopra la mia vita
Derisa e urlata
Zittita e senza parola
Calpestata violentata per anni
Attaccata e stuprata da qualcuno che si è organizzato per uscirne bene
Fine dei giochi, di questo circo che è stata la vostra guerra sporca
Sulla mia vita
Siete stati bravi
Disonesti e scaltri
Ma solo impuniti, non assolti
Oggi stappate champagne su vele alimentate di sangue, quello versato dai giusti
quelle col vostro nome, sospinte dal vento dei vostri seguaci
meschini e deplorevoli quanto e più di voi
uomini e donne presi per caso, senza distinzione, a patto che vi salvino la faccia, le gambe, la reputazione
Umilianti, accordati, accorati codardi, nati per riempire di scherno e dolore noialtri
Siete stati bravi in questa vostra battaglia
Ma noi giocavamo un’altra partita
E ancora continueremo a giocarla
Mi sono svegliata di soprassalto che era notte e ho sentito di nuovo i sapori
il sale forte sulla lingua
il rumore dei grissini sotto i denti sovrastava le parole di accusa
Non sentivo più niente
Che la vita vi sia lieve, il mio accorato augurio verso chi fa finta di non vedere, uomini o donne che siate, che non abbiate mai una figlia femmina […] Come la verità, lei è sempre stata lì, sotto gli occhi di tutti, risalita nel torrente insieme ai salmoni, tenace, limpida e stanca, nonostante la corruzione e l’omertà, non ha mai smesso di indossare il suo vestito migliore. Gli occhi lucidi, il coraggio in prima fila e una camicetta rosa.
Per molti anni qualcuno l’ha dovuta ascoltare a forza, e non pochi l’hanno tenuta stretta, ma molti altri non l’hanno voluta vedere e alla fine, hanno contato di più, ricamando addosso alla carne cruda, un’altra storia. Falange attorno al malcapitato.
Ma gli impuniti non sono assolti, e questa è una grande differenza.
Ero così convinta di essere io la colpevole che spesso perdevo le redini della realtà, diventando esattamente come loro. Eppure una quasi certezza c’era, gli intorni di coloro che avrebbero dovuto pagare non sapevano niente, e questo faceva pensare: se non fossero tutti così dediti a nascondere la verità, perchè, se così certi di essere stati incastrati, non difendersi dall’ingiustizia subita che andavano trascinando?
E infine, se la verità non viene a galla agli occhi di tutti, cosa resta di vero per chi l’ha vissuta?
Metta caso un altro paradosso. Se noi che ci siamo viste per dieci anni più volte a settimana, lei da domani dicesse che non mi ha mai visto, molti proteggeranno la sua versione e qualcuno le darà ragione, noi, in questi anni, ci siamo viste davvero?
Riuscirò a guarire solo quando sarò in grado di accettare che la risposta sarà sempre e comunque sì.

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