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La bambina che trascinava la coperta

Tappeti elastici fitti di trame scordate
Filo su accettazione, cos’è, che è?
Subire, e prendersi tutto, non è.

Si fossilizza la delusione nei tuoi occhi
Non so ancora che farne

Dentro al sicuro a farci l’amaca, tenuta negli angoli da chi sapeva tutto, di cui amavi tutto
Trascinavo coperte in cui nascondermi, farmi cullare per non sentire il peso di dover richiedere amore
E chitarre notturne
E risvegli sulle corde
Sei sempre sulle corde
Risolvimi, risolviti
Risolvimi che io risolverò
Glielo chiesero tutta la vita, ogni giorno
Il suo per sempre

Ancora mi sveglio con quel suono, freddo, rumore quando andava bene, distruzione se andava meglio
In una mano un gattino e l’Ave Maria
nell’altra la mannaia
Come si accetta? Io non lo so
Come si tiene insieme? Io non lo so

Non si tiene, non si accetta
Non si risolve
Si lascia che sia
E come si fa, che sia?

Trascinavo coperte dentro le quali nascondermi per farmi cullare
Accettavo tutto perché tutto si accetta
Rimavo col solo verbo subire,
accettare è subire

Volevo saltare con le calze come tutti gli altri bambini. Ma il mio specchio era una frattura
Mai abbastanza
Fronte contrita
cuore deluso
Spalle che scrutano, perché non sei, perché non fai?
Io non ero e non volevo, ma facevo e sposavo
Accettavo tutto dentro di me
Con me
Dovevo fare come i bambini quelli maschi, e non avere paura di fare i salti in aria tra tutti, perché li facevo in palestra, le capovolte senza mani in aria tra tutti, in avanti e indietro, perché le facevo in palestra
Ma a me
A me piaceva sedermi e infilare le dita nei buchi. Con le calzine. E le dita nella tela e salire e scendere. Nient’altro che molleggiare. Salire e scendere.
Non ero abbastanza per i tappeti elastici in piazza, così non ci sono più andata.
Se controllo bene ho ancora il gettone.

Il gattino in una mano e la mannaia nell’altra. Come si tengono insieme le persone costruite da tanto bene e infinito orrore?
Un tappeto tramato di carezze sui libri e votati all’aulica pace, di bene regalato, di sole sulla spiaggia che annoda la ripicca, malvagio pensiero, decidere chi muore e chi vive
Oggi
Per fortuna
Mi è andata bene
Soprassedere su tutto
Per tutto
Per amare tutto
Un muro si erge alto nell’arrotolare il filo. E lì mi fermo
Come si tiene insieme la grazia e l’orrore?
Era la mia sconfitta. Non ero riuscita a risolvere. A guarire.
Si può guarire?
Non si può.
Perché sono fatte così?
Perché è la varietà di questo mondo.
Che si deve accettare
Che i figli, devono accettare.
Che significa accettare?
Solo una cosa. Non per forza averci a che fare. Non per forza ti deve riguardare.
Perché l’orrore non mi riguarda.
Accettare e potersi distaccare. Che non mi riguardi, non mi riguardi.
Mentre mi guardi. Voci impertinenti mi allontanano dalla mia strada.
Mi guardo io, in nome della vita.
E le coperte le rimbocco sui vuoti pesanti che ho davanti.
Ho preso un telaio e ci ho scritto il mio nome.
Imparo ogni giorno ad accettare l’orrore. Ancora che farne non so. 

© Storie di Lana
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