Devi farlo
(e basta)
Non sei nient’altro
Filo su La Sedia Verde: ovvero
non ciò che è più consono per te
Ciò che credi sia illegittimo,
non è per legge illegittimo.
Perché non è legge, ma voce insistente
Dictat familiare
La vista dalla sedia verde è a senso unico,
taglia la lingua e solca le guance di rancore
Per la vita
La gabbia ha una scala
e una seduta di fieno rovinato
L’inizio della fine: non perché non sai,
ma perché non vuoi
Era la prima volta che urlavo
Che urlavo che non ne potevo più di quella vita
di loro di quella roba del freddo del dolore della nausea
dell’appuntamento
con la fatica prestata al benessere di qualcuno che bene non stava mai
col dovere
Io ero altro, ripeteva la mia voce tremante in un sibilo gastrico contrito, palla gettata in un pozzo di resistenza e sensazione
Io sono altro, ripeto con vergogna raggomitolata in questa sedia in giunco, riprendo da quel pozzo il mio urlo
Ma non te lo ricordi, non te lo prendi mai
Quell’altro stare al mondo
Più consono per te
Quel consono per te
Per restare in quella sedia, media, scomoda il sacrificio di una persona
Vista da tutti guardata da vicino da nessuno
Maioeroaltro non lo sapevo fare non lo sapevo dire
Quando sfinita lo urlai, non arrivò a nessuno quella voce, a nessuno quel rumore
fu quel giorno l’inizio della fine
Iosonoaltro non lo potevo dire
Si poteva morire
Vedere morire
E così è stato, è stato comunque
anche scegliendo quel che la legge diceva per me
Ho scelto la legge
Si è uccisa lo stesso
e accontentare tutti e appagare tutti e vivere per i bisogni
i bisogni i desideri i capricci di tutti
Per rincuorare l’eccellenza che teneva buona la macchina
I castelli
Un anno di luce uno solo ci riuscii, piccola, pericoloso fu il supereroismo di imboccare il godimento degli ingranaggi tutti
Piacere mio
Non avevo il vocabolario della possibilità né la ribellione di dire no e perseguirlo
Io sono altro
Io voglio altro
Desiderio altro, da portare alto con le mani amputate
Se tuo, da rovinare, negare, buttare per compensare il non riuscire a tenere tutto insieme
Come sempre legge dice ma non esegue
Sogni miei
Da lasciare e perdere e chiudere in cantina soffocati nella busta senza ossigeno né acqua
Pensiericchi
Ripieghetti
Desidericchi
Sognetti da maltrattare
Valeva la pena tornarci su quella sedia, e attingere da quella pozza di male profondo così fondo da volerlo cancellare
E giustificarli ancora
senza gambe né fieno per sedersi
E sollevarli dai loro doveri ancora
Senza schienale per poggiarsi
Guardare chi e che cosa se ne era già andato da tanto, sbattendo la porta
Chi e che cosa senza arte né parte da tanto, senza un sentire ripeteva a pappagallo
Lo devi fare e basta
Nient’altro altro
Ti vesti e lo fai
Fu l’inizio della fine,
Perché io non c’ero più. Restò il corpo, a resistere e pregrinare per un tempo infinito e inammissibile. Poi scelse anche lui, e se ne andò
Ma in nome di chi?
Persi così, vent’anni di costruzione
Ma in nome di che cosa continuare a restare su quella sedia e autosabotarsi?
Fa’ ciò che vuoi
Scrisse una mattina una mano, sul muro
Perché ciò che percepisci illegittimo non lo è per la legge
Quella per cui continuavo a vivere: soffocata dai dorati dictat familiari, dai lacchè generazionali, dal belvedere sociale che ti rinfranca e ti promuove scegliendo la sicurezza di un pezzo di carta, raccomandata sociale, biglietto da visita per la medietà
Stelle sul bavero
Non li puoi convincere tu,
O una parte o dall’altra, non tutte puoi indossare e farne parte
Valeva la pena sedersi su quella sedia di morte nel freddo di centosette libri per mano e una fettina di pollo da ingurgitare
Vorrei cambiare la storia
Su quella scala qualcuno possa scendere e chiedermi cosa non va
Accogliermi
Cullare le mie inclinazioni
Il mio sorriso
La mia felicità
Appoggiarsi al mio cuore e credere in una vita pacifica
Giusta
Umana e su di me cucita
Ma la famiglia non si sceglie
Vèstiti della tua particolarità e non vergognarti. Spingiti verso il pozzo e guardalo sta lì la tua voce
Maltrattata da tutti abbastanza
Ciò che volevo si è suicidato pian piano
Ciò che dovevo e non volevo, a ripicca lo stesso
E poi, di cosa vivere poi?
Puoi evitare, da ora, di farlo anche tu
Perché sei altro
Perché la legge non è questa, la legge dice altro.
Ritornai lì, per alzarmi da quella sedia.
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