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Dietro quel computer

Non mi vedi
Filo sordo e cieco e muto, cigni di alluminio e patatine

Mi bruciano gli occhi,
Ma lo stomaco di più.

Le gambe di burro, il dolore all’utero, la stanchezza di lottare mi trascina verso giù come un solco nel grès
Nella porcellana scelta con cura le sere in periferia,
Cercando la migliore, giallina
Quella su cui crocifiggere l’unica data alla luce, di vita
L’avrei scelta con meno amore, anni prima, sapendo sarebbe servita alla resa dei conti, a far sanguinare la mia
un giorno sottratto ad amarla,
La vita
Varco la porta, una porta posticcia che scinde il qui dall’ora dalla negazione di umana presenza
L’uso della parola
Ho paura
Mi vergogno
Ogni giorno, un mattone di dolore si erge verticale, in altezza
Il limite invalicabile tra la vita e la morte ha la morbidezza stantìa di un tappeto persiano, stonano le pareti vedere acido
Hanno sempre stonato di allegria
Da lontano, prima ancora di girare l’angolo, le chitarre in disuso poggiate su abiti sporchi, di ieri, chiudono lo stomaco, chiaro segnale di distacco
di perdita di decadenza, da tutti e da tutto
abiti qui ormai
Tra rigurgiti di dolore e quei pochi tramonti che ci vengono a trovare lacerati sulle inferriate, quelle scelte con cura, la sera, in periferia
Ti ho portato le patatine fritte, dentro al cigno di alluminio che ha fatto la mamma
Che fa sempre la mamma
Ma tu non mi vedi
Ti ho portato le patatine fritte, dentro al cigno di alluminio che ha fatto la mamma
Ma tu non lo vedi
Perché non lo vedi?
Hai alzato il sopracciglio dallo schermo quel volto corrucciato me lo porto come tatuaggio sul corpo quel dolore contrito sulle rughe della fronte
Come condanna a morte
Se solo potessi capire
Se solo potessi capirmi aiutarti sapere che fai
L’unica luce che conosco sui tuoi occhi sui tuoi occhiali è il riflesso di quel mondo che ti porta via da me
Ogni giorno
Ogni notte
Non c’è nemmeno più il suono antico dell’internet explorer
Ti ho portato le patatine fritte, le ultime dell’anno
Di un anno che se ne va, ma che cambia, cosa cambia
È l’ultimo dell’anno e tu non mi vedi
Sono qui
Ti imploro di guardarmi
Per favore sono qui
Mangia
Ma tu non mi vedi
Parla
Ma tu non vedi
Ma tu non parli più, qui
Parlo
Ma tu non guardi più, qui
Come un errore, un peso, solo un cognome
Nessuno ti ha chiesto la vita
Né scelto, ti ho trovato un giorno di alba, che mi guardavi dall’alto, come se tutto sapessi di me
Come avessi deciso già tutto di me
Non darmi la colpa continua di essere arrivata
Non potrei andare via
Ma solo sparire
Io non ti vedo
c’era già sulla mia fronte, scritto, c’era già nella tua vita, scritta, ma era un mondo buio ancora ignoto alle mie palpebre alle mie gambe
Poi la luce, poi non più
L’aria nei polmoni ha fatto alba, è entrata alle sei del mattino e dal giorno
La cecità ha riguardato anche me, non più solamente te
Sempre più forte
Quell’omelìa, quel non ti vedo
ha preso anche me
E sempre più viscerale ha accusato, ha riguardato me
Ma tu non hai mai guardato, me
Cecità dietro quel computer, mi alzo sulle punte sono meno alta del tuo sipario di pixel e sputi quello dietro cui ti nascondi per fuggire
Non mi vedi
Gronda il sale sulla tua cena, la mia ha conta i cristalli della paura
Impotente, davanti a un corpo che muore
Impotente, dal giorno in cui mi è entrata l’aria nei polmoni
Aria, vita nelle ossa sotto gli occhi nella gola
Cosa posso fare per imparare a non morire nei tuoi sguardi i tuoi silenzi amniotici
E le urla sentite da dentro
E non potevo
Che potevo fare se non venire al mondo
Con un’unica missione, aiutare te
Impotente come davanti a un corpo che muore
Alle tue prese di posizione silenti violente accusatorie
Non fate niente in questa casa nessuno fa niente
Ci sto provando
Come faccio
Non mi vedi
Ti imploro di guardarmi di ascoltarmi
Nel tuo romanzo l’indice si è fermato a metà storia, sono una stronza siamo due stronze
Nel tuo romanzo
Nella tua cecità
Le patatine fritte non si mangiano non si guardano non si accolgono nei cigni di alluminio
Getta tutto non importa prendi me
Accogli me guarda me
Prendimi in braccio
Ma le braccia sono sorde e mute
E io fallisco a ogni tentativo di gioia
Delusione continua
non si rimedia
Ti ho portato le patatine fritte dentro al cigno di alluminio che ha fatto la mamma
Ma tu non lo vedi
Perché non lo vedi?
Perché non mi vedi
A cosa pensi
È mezzanotte
Buon anno, lascia stare
Ho scelto te, di nuovo te e un altro schermo
brutta copia della copia che ha firmato la fattura col mio nome da pagare per la vita
Eppure l’esistenza è un regalo da scartare
O una pena da scontare un problema da risolvere un rebus infinito una colpa da sbucciare?
Mai risolta
Scelgo te nelle nuove ricevute, fatture e conti da saldare
Nelle nuove persone da incontrare
Nei nuovi computer in cui preghiere imploranti incastrare
A non essere riuscita a portarti neanche un giorno di vita
Ci provo di nuovo
Un nuovo incontro
Riflesso
Specchio
con te
Mi faccio trattare così, condanna eterna a cui sono devota, mi sento al sicuro, conosco, controllo, ripeto, è roba già vista
È roba già macinata, si chiama trattamento di famiglia
Specchio
Riflesso
Nuovo incontro
Come te
Guarda qui, parla qui
Ma ti non mi vedi, mi ignori davanti a un computer, sempre diverso, dal risultato, sempre lo stesso, sempre uguale a se stesso quel computer, il suo, il tuo, dopo vent’anni son sempre qui,
a tentare a sistemare a cambiare a provare a capire
Codici numerici a me ignoti
Scaduti
Ma sei solo una copia unta
Persino brutta
La copia di un computer, di un silenzio una luce che ti porta via da me
sa di morte questo anno
capodanno
Come ieri, come l’altro
guarda qui
Anche tu sei cieco uguale
Non mi vedi
La cena è pronta, cucino da due sere, non si vede non mi vedi
Anche tu sei cieco uguale
L’ho buttata nel cestino, la cena col soufflé, era per te
Guardami
Non mi vedi
I piselli con la cannella
Grondano rancidi sulle cene che hai ignorato
Le ho fatte per te
Ma non mi vedi
Nemmeno con un neon sui capelli
Menomale non mi hai visto
Sono viva
Perché ho fallito
Menomale non mi hai visto
Sono qui
Perché ho fallito
Con lui dietro al pc
Con te sopra al pc
Aspetto di vedere, ogni alba che mi è data, quel che resta del mio hard disk. Uno scialle, una coperta, la voglia di dormire. Di uno sguardo gentile. 

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