Care carezze

Il bisogno di quaggiù
Filo su sguardo, son scesa dall’altalena

Se solo potessi vedere tutto questo.
Ma forse è bene che lo veda almeno io.

Cari riccioli, cara risata, cara sabbia rimasta sul cruscotto. Cosa ti sembra?
Torna un po’ quaggiù, ma non quaggiù dove ti viene, quaggiù vicino a qui.

Mi sono seduta dentro la corbula, di nuovo, perché dal fieno la vista è sempre più accurata. Da queste parti si respira in affanno, certe sberle e quanti regali di scarto. Ma ogni storia qui vicino ha sempre quel colore, ogni colore è il tuo colore, c’è anche il nostro preferito. Puoi indossarli tutti, o raccontarne solo uno. Spogliarti di qualcuno o tenere a te il più scuro.
Scegli.
Tutto questo è per te.
Scelgo, si può stare da soli su questa altalena che hai lasciato vuota per prima.

È strano, per molti, indifferente per tanti, ma ogni piccolo quadrato raccoglie ancora dondoli di vita. Il tuo dolore. Il mio vuoto. La mia denuncia.
Questa disperata e profonda speranza nell’umano che qualcuno mi ha dato senza chiedere, che schiaffi mi dà. Tentativo insalubre di cambiare. Essere ingenui. Non ci penso, come il raffreddore. Viene. Chissà se lo sa chi ci chiude la porta a prescindere guardandoci la copertina, cavalcando il sentir dire, quel cliché sui colletti sbiaditi. Fandonie dopo altre, inventare per molti è sempre, sulla vita, il vezzo più importante.
Lì da te si respira?
Qui fa niente, ci ho fatto l’abitudine, guaderemo nuovi fiumi e lanceremo nuovi ami, ma non per fare male, per ribellarci a quel male.
Aggrappata alla corbula, mi è parso ancora di sanguinare. Vado avanti, ci riprovo.
Perché è sull’a prescindere che insisto ogni giorno.
Perché l’a priori smetta di essere il metro comune per giudicare la vita di tutti. Noi altri. Voi tutti, cari loro che sanno come va la vita.
Dove si ama senza galera, dove si prova a salvarsi la vita. Mi metto i tuoi panni e li rattoppo.
Da me si parla perché hai un sapere, dove il silenzio è oro, scisso dalla cenere.

E quanto lo sai che per far ridere bisogna saper un po’ morire.
Qui però c’è spazio per tutti. Ma tutti ancora non lo sa.
Potresti dirglielo tu?
Se hai voglia, qui puoi raccontarti. Ritagliare un pensiero e fissarlo per sempre su qualcosa. Per sempre vuole restare, ha il contorno del tuo sorriso e guarda di sbieco senza parlare. O forse ci prova, ma solo un pochino. È qualcosa.
Cari capelli bianchi, cara tristezza, care carezze strappate di mano.
Prendi una stoffa, basta pensare, lasciali dire, falla affondare. Ho addosso un pezzo di tappeto con le cinghie. Mi tiene il cuore al caldo.
Scendo da questo andirivieni, che piova da oggi carezza.
Cuciamo.

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