
Quel che resta del velluto
Ho preso le forbici

Filo su freddo, il primo body

C’è sempre freddo nei miei ricordi.
La febbre e la paura.
Ho preso le forbici e ho tagliato ciò che restava. Perché non mandasse in cancrena anche il corpo che restava su cui quel velluto poggiava. Ho iniziato col blu e finito col blu. Mettendoci fin troppo a scegliere l’azzurro.
Nella vita non vince chi si impegna chi persevera e insiste. Chi ci prova, sputa sangue e versa lacrime. Non si soffre per sognare.
Nella vita si vince se si protegge. La vita vince solo se amata, abbracciata, ascoltata e protetta.
Non è normale lo capisci solo da grande, forse, con immensa fatica, giorno dopo giorno perché ci sbatti il muso sulla tua vita. Perché lo vuoi. Perché sopravvivi. Perché vuoi guarire, capire, migliorare l’oggi di quella bambina che è sparita prima di conoscere che gusto avessero i suoi desideri. In nome di qualcuno e di un dovere cullato dal risentimento e dall’umiliazione.
Non aveva parola, quella bambina nel velluto.
Perché vorresti tornare indietro nel tempo, e salvarti. Da tante persone, da tanti ambienti, da tanti meccanismi dolenti. Sopporti. Sai fare solo una cosa, resistere.
Non è normale lo capisci da grande, e nemmeno del tutto.
Ci provi.
Non è normale vivere nella miseria, nella violenza costante, non è normale crescere di urla e umiliazioni ogni giorno, ogni ora, notte e giorno, e non hai ancora gli anni a due cifre.
Non è normale sia normale per tutti. Lo è perché quella società è fatta da qualcuno che ti cresce uguale.
Allora é normale. Per te, per prima.
Per tutti gli altri che guardano, quella violenza abbracciata è consuetudine. Perché perpetrata da persone da proteggere sempre e a qualunque costo, perché hanno sempre una giustificazione da sé. Da chi guarda. Da te.
Dai grandi. Da un sistema che parla parole di accuse e di silenzio, quelle dell’indifferenza.
Lo sanno tutti. Nessuno fa niente.
Perché certe scelte – che continui a giustificare – si pagano care, sulla propria pelle, nel cuore, nella fatica, nelle lacrime, nei giorni che passano e fanno di te la donna che sei.
Omertà. Ovunque ti giri. In nome di chi o che cosa, ancora non si sa. In nome di chi o che cosa, ancora non si sa. In nome di una comunità. Sempre diversa, sempre uguale. Si nasconde tutto sotto i tappeti. Cambiano i colori ma non i dolori. Quando arrivano le età a due cifre sei già stanca e vecchia, usurata ed esausta. Lo capisce sempre il corpo prima di te, prima che lo capisca la tua testa.
Negli anni migliori che avevi da vivere.
Non è normale.
Non lo sapevi dire.
Non lo potevo dire.
Faccio fatica ancora oggi, a capire.
Mentre recupero i piatti di pasta, i panini, la mia voce zittita per anni.
Perché se parli, se non resisti e continui a essere forte, è più facile che finisca la tua vita.
Per una carezza mancata.
Nella mia storia c’è sempre da farsela andar bene.
C’è sempre da avere paura e freddo.
Le labbra sono viola. Prima sei scalza poi porti le scarpe.
La carriera non cambia.
Nessuno ti protegge.

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