Ho avuto in dono

La luce e la carezza
Filo su nastro rosa. Tolsi tutto, per scolpire un nuovo cuore in emersione

Mentre dono la mia vita in braccio a te
Sento scorrere il sangue nelle vene e le nuvole basse avvolgere le ossa

Che stanchezza
E non ho voglia di capirti
Non voglio interpretarti
Immaginarti
Soppesarmi
Metto la prima, stono, mi faccio suonare
insultare, non mi importa più
vado a passo d’uomo verso me
Mi godo il sipario
C’è qualcuno in lontananza, forse
Posso davvero non muovermi più?

Brilla il mio sguardo
lontano il patto di chi riesce a stare insieme anche il giorno di Natale

Bruciano gli occhi come fuoco, la stanchezza del corpo si trascina come un peso
Sono in pace
Al buio nel mio letto
In silenzio, vascello di burrasca

Il cuore è pronto, a pezzi sul selciato della casa che non ho
famiglia che non so
Un desiderio simile alla neve che cade
Anche oggi

Ho avuto in dono l’arte della pittura solo qualche anno della mia vita poi ho chiesto alla luce – e alla carezza – di condurmi
Ho tolto l’inutile il superfluo il dotto la superstizione del preciso e dell’ossessiva infallibilità

È così che arrivai alla perfezione, colorare coi fili
I tratti certi di una mancanza fin troppo vissuta

L’infanzia

Con le sue forme i suoi contorni le sue curve
I suoi colori e con gli occhi grandi i volti
La tenerezza
Trovai la mia casa
Sui bordi dai quali uscire

Il mio più difficile riuscire

Ho giocato con il mio dolore a nascondino, poi di nuovo smembrata fino all’osso. La carne ricucita, fiocchi di raso, il grigio.

Non mi importa
Di piacere
Di capire

Di morire.
Ma viverti. Vivere.

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