
Espiazione
Meritevole di amore

Filo su speranza, talvolta accecata, distrutta abbattuta

Sole che brilla rametti di luce per gli altri. Sole che rompe ogni giorno l’esempio : specchio mancato d’amore materno
L’unico momento in cui Sole si sentiva amata era sempre dopo essere stata sgridata, maltrattata, abbandonata. Per essere abbracciata più forte, dopo. E lei lo sapeva. L’unico abbraccio che riceveva era quello che seguiva un abbandono.
A volte, mi pareva davvero che mia madre si divertisse.
Così imparai che l’amore da ricevere, l’affetto da meritare era postumo a un dolore forte, fortissimo dolore sul proprio corpo e nel proprio cuore. Per cosa? A che prezzo farsi amare? Era quello l’amore? Credo di sì.
Sole sapeva che l’amore arrivava solo come carezza in pianto, a seguito di un perdono, il suo, nei confronti di sua madre che la implorava, solo se conquistato.
Quasi espiato. Meritato.
Bisognava piangerlo. Elemosinarlo.
L’amore giungeva scavalcando il rispetto per le persone, buttandosi su un vuoto di fuoco e gelo, avvolto e avvalorato da una umiliazione fortissima simile a un ventre nudo sulla neve, in pieno giorno, senza aiuto. Senza testimone.
Per ricevere contatto e calore si faceva il giro grande, lì dove le colombe venivano abbattute. Nel campo di terra. Per farci la festa di primavera.
Umanità.
Domande chiuse che i bambini nella loro piccola infanzia si fanno rispondendosi di sì. È sempre sì. Pensano di meritarlo, un amore così.
Espiato.
Anche da grandi.
Scelsi così specchiato ogni mio compagno di vita.
Perché è così che mia madre mi ha insegnato a ricevere amore. A scovarlo. A meritarlo.
Sole ancora non sapeva scrivere, ma sapeva già che sapore avesse la vita, Sole sa anche leggere e di essere meritevole di quel dolore per ricevere l’unico abbraccio della giornata. La sua attenzione.
Capii molti anni dopo, a malincuore, che non tutte le donne erano in grado di essere madri. Di dare amore.
Sole sapeva che essere in vita, come il calore, erano una questione di merito.
Di qualcun altro.
Imparai a volare, e fu l’orrore.
Cucivo corone di foglie d’alloro bruciate dal Sole
Specchi di vetro s’infrangevano ciclicamente sul tetto del mio avvenire

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