
Bassa Sassonia, Lüneburg, 1932
C’è un miracolo, ogni anno, a Luneburger Heide

Filo su Lilla, a Lüneburg oggi c’è il sole.
A Lüneburg si sa, il lunedì si va in pescheria a comprare il pesce con la crosta, se non lo sapevate ora lo sapete.
Lilla tutti i lunedì per iniziare bene la settimana prendeva gonna, sottogonna se la stringeva bene in vita, mantella e scialle e andava a comprare il pesce per tutti, per i fratelli e le sorelle della vicina, per la nonna Verdina e per zia Mariella e zio Franco. Ognuno amava un pesce diverso. E lei con le sue ceste andava in panetteria.
In pescheria, volevi dire.
No, io nella pescheria di nonno Diego trovo tutto. Diego è dolce, buono, ti ascolta, ti regala sempre tante margherite di campo, e so che il pesce buono per zia Mariella lo trovo lì, c’è anche la sogliola per zio Franco. E compro la crosta per me.
Ma se è una panetteria!
Ma tu ci sei mai andato da nonno Diego?
Se entri, ha una tappezzeria fatta di pescettini color salmone e azzurro cielo. Si sente profumo di mare, di estate, di sabbia dorata. È una pescheria speciale puoi trovare tutto, anche le stelle marine e i gamberetti. E i granchi camminano felici dietro al banco.
Qualcosa non quadra. Secondo me stai cercando qualcosa nel posto sbagliato, dove tra l’altro pesce non c’è. Pane, senti profumo di pane in panetteria, non di pesce.
Ma mi prendi per matta? Io ci compro il pesce, non il pane. So che è una panetteria ma tutto sa di pesce. E se ogni giorno chiedo pesce, porto foto di pesce, rivivo con nonno Diego i suoi momenti goliardici il pesce sarà ancora più pesce.
Non ti seguo. A me pare una gran confusione. Il pesce si prende in pescheria e il pane in panetteria. Non è che in panetteria chiedi pesce perché tutto sa di pesce. Vende pane, non pesce!
Lunedì vieni e vedrai anche tu, sentirai anche tu.
Vabbè, vediamo sta magia allora.
Lunedì arrivò.
Lilla si mise sottogonna e gonna, il suo fiocco delle occasioni e insieme andarono con le ceste, le foto dei pescherecci, in panetteria.
In effetti, una volta entrati, si rimaneva a bocca aperta, tutto sapeva di pesce, e tutto era a tema di pesce. Le gasse, i nodi, le reti. Rimanevi inebriato tanta bellezza c’era in quella pescheria.

Panetteria, volevo dire.
Lilla era felice come una campana a festa. Solare e pronta a ricevere gli abbracci di nonno Diego dal quale non si sarebbe mai staccata, coi suoi riccioli rossi, delicata e romantica. Perché sapeva che nonno Diego la aspettava sempre, aveva bisogno di lei.
A un certo punto mi uscì dalla bocca un pensiero un po’ troppo a voce alta, senza che me ne accorgessi. A me sembra una truffa. Lilla mi fulminò. Non poteva controllare il fatto che io non proteggessi quel posto a lei così caro. Qui non vendono pesce. Vendono pane, a forma di pesce. Non ti puoi convincere ci sia del pesce in un posto che vende pane.
La guardai negli occhi e le presi la mano, per non ferirla. Ma era troppo tardi. Mi inchinai a lei.
Lilla, è una panetteria, non puoi chiedere del pesce..
Ma zio Franco mi dice sempre che la sua sogliola è buonissima..
Tesoro mio, è una schiacciata alle acciughe. E quelle sul paninetto per zia Mariella sono gamberetti. Ma è pane. Non sogliola.
Non gambero.
Non sgombro.
Mi guardò. Delusa, piena di domande, non riusciva ad accettare la realtà, Lilla credeva di portare agli zii, il pesce migliore. Perché da nonno Diego tutto era di pesce. Ma solo perché era un ex pescatore che da più di trent’anni vendeva ormai pane, per attirare più clientela accattivando i vecchi colleghi e i nuovi clienti.
Ma perché allora non vendeva pesce? Perché aveva paura. Dopo un trauma in mare non ci mise più nemmeno una rete. E allora decise di aprire una panetteria sul fiume, faceva ben più soldi così.
Lilla era una donna molto intelligente, che nella vita aveva combattuto tante battaglie, lo sapeva bene che quella era una panetteria e che la schiacciata non era una sogliola, ma se lo faceva bastare. Perché a nonno Diego faceva bene, era felice, anche se si adirava molto se Lilla si permetteva di dire qualcosa che non rientrava nei suoi ranghi. Però con due baci, passava tutto.
Lilla era una cieca sintomatica, era attratta come api col miele, da chi la sentiva, ma non ascoltava.

Da chi vedeva ma non guardava, da chi passava ma non restava, da chi stava ma non sceglieva.
Lilla pensava che con la sua presenza le cose sarebbero cambiate. Non capiva perché poi il giorno dopo chi sembrava molto interessato, dimenticava tutto e passava su ogni ferita come spaccaghiaccio col sale.
Non capiva perché chi la coccolava poi la feriva senza pensarci, perché si legasse a chi raccontava di pesce, che sapeva di pesce, ma vendeva pane. Sentiva pane e in nome del pane si spacciava per pesce, per attirare la gente. Perché in fondo del pesce aveva paura e non riusciva nemmeno ad ascoltare chi gli faceva notare il contrario.
Lilla credeva di poter farsi bastare il profumo delle cose.
Non avrebbe lasciato nonno Diego per niente al mondo. Ne vedeva ogni sua maschera, vedeva il suo egoismo, le sue fragilità, ne vedeva le paure e l’ego prorompente.
Ma comprava pane, al posto del pesce. In nome di abbracci al profumo di pesce. Perché era convinta che chi si mostrava in un modo fuori poi con lei era diverso, era sicura che chi aveva vissuto sempre in un certo modo, con lei avrebbe cambiato modo di usare le parole, maneggiare le cose. Prospettiva, superando ostacoli, paure, atteggiamenti bruschi e sentimenti articolati. Egocentrismo e truffa di pane e di pesce.
Allora gli zii e i fratelli lo sapevano che a casa non portava mai il pesce, pensai. Reggevano il suo gioco.
Per Lilla era molto doloroso il distacco da chi era terra ma sapeva di mare, aveva sempre scelto così e soprattutto avanti con gli anni si sentiva sempre più brava a farsi bastare il profumo, ad ostinarsi a chiedere pesce in panetteria.

Si adirava perché diceva, e allora perché fare tutto sul pesce se vendi pane?
È chiaro che per me poi diventa una missione.
Conoscendola meglio scoprii molte cose.
Chiedeva fiori in edicola perché era allestita tutta a fiore, e mostrava fiori solo per bellezza, comprava mollette in legno nei negozi per le zip in legno, amava uomini che volevano una relazione con lei ma di relazione non si poteva parlare, cercava contatto umano con chi contatto umano non riusciva ad avere.
Lilla era una giovane zingara che andava dai nazisti chiedendo di essere compresa, cercando di far cambiare loro idea. Era convinta che se l’avessero incontrata, che se l’avessero ascoltata, fosse stato solo almeno uno di quelli, mettendo in discussione le loro convinzioni, forse la storia non sarebbe andata nel modo in cui è andata.
Lilla prevedeva il futuro ma non perché fosse maga, ma per tutta l’esperienza maturata negli anni, e quindi sapeva della strage che i nazisti avrebbero commesso di lì a pochi anni, ma nessuno la stava ad ascoltare, le dicevano che era una che esagerava. Che era pazza.
Lilla era sicura che l’impegno di uno solo poteva cambiare il corso della storia, anche solo della storia di uno solo. Era molto presuntuosa. Che nella folla uno solo l’avrebbe ascoltata.
Solo se esce dalla folla, Lilla forse qualcuno potrà ascoltarla. Non dentro la folla, perché la folla è folle.
Lilla è il colore delle lande a Norimberga. È il fiore d’autunno, l’edera che si colora a festa, in quelle lande vive di Lilla di rosa e di viola.
La minoranza. Lilla è il colore della minoranza. Dei messaggi di iuta in un mondo di plastica. Pescetto piccolo che va di lato, in un acquario di squali. E non perché fa figo, e non per narcisismo, ma perché il pensiero della folla a Lilla ha fatto sempre schifo. Ma invece che fare altro, avvicinandosi a un pensiero più simile al suo, lavorando quello, curando il suo che non portava reddito e consumo, ma domanda di cambiamento messaggio e minoranza, ha scelto di fare caro caro alla pinna dello squalo affamato. Riempiendo i cannoni di fiori di landa.
Lilla è stata uccisa dalla stessa folla che voleva salvare. Asfissiata dai gas di Mauthausen.
Ogni autunno, a Luneburgo, nella brughiera, la vedi sbocciare

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