Stanza delle Presentazioni

Storie di Lana, un progetto inclusivo: che una storia non diventi l’unica storia ma una storia unica

..se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi,

lui passerà l’intera vita a credersi stupido

Albert Einstein

La nascita: i viaggi, il coraggio, instagram

Siamo nate vicino al mare, ma non sappiamo solo di posidonia, abbiamo le guance che profumano di avena, grano, mandorle e miele. Portiamo nello zaino il sapore variegato di tanti luoghi del mondo, di persone, di emozioni, ma anche di pesi di cui purtoppo, dobbiamo ancora farci carico. E noi, che siamo sempre state al di fuori di un mondo poco tattile, motivate dall’impopolarità e molto poco virtuali, ci siamo buttate, una mattina di fine aprile su una pagina Instagram. Perchè ci teniamo a sottolineare questo? perchè prima di giudicare qualcosa è necessario conoscere e noi, non conoscevamo. La possibilità che ci siamo date per approdare su questo mondo sconosciuto e poco tattile, ci ha piacevolmente stupito.

 

Quel che eravamo, quello che siamo, le storiedilana che vorremmo diventare

Avevamo voglia di prenderci anche noi il nostro piccolo posto nel mondo, su sette centimetri per l’esattezza, e questo spazio volevamo cucircelo addosso, riempire di colori gli occhi di chi ci avrebbe incontrato, avevamo voglia di dare, regalare, e condividere col mondo di fuori, il nostro modo di colorare il mondo, da dentro. Non avevamo più voglia di rimanere incastrate tra la polvere e la muffa, non abbiamo mai amato i posti bui e freddi, senza finestre e umidità. Anche se ci siamo state per tanto tempo. Pungolare, provocare, mettere dubbi, è questo ciò che ci spinge ad andare avanti. Col pensiero presuntuoso di tenere compagnia, magari qualcuno si sarebbe ritrovato. Dare amore e quelle attenzioni a qualcuno e a qualcosa che sa di quelle cose tanto desiderate e mai sentite, spinte da un chiaro sapere di cosa significa essere invisibili in mezzo alle persone importanti per noi.

Dare voce al nostro desiderio in rinnovo e trasformazione costante è il favore più grande che siamo state in grado di farci, lasciando cadere non con poca fatica gli occhi giudicanti dell’Altro. Scegliendo sempre di non esserci. Darci il permesso di andare avanti è ogni giorno un atto di coraggio. Pensare con i nostri fili e i nostri intrecci, rischiando. Anche di essere felici.

Ed è solo nel momento in cui abbiamo lasciato spazio a noi, che abbiamo potuto aprire una tana anche a tutti gli altri. Regalando ciò che la natura ci ha donato copiosa, presenza: con le parole coi tessuti, coi colori, con i suoni.  Con il corpo. Vicini. A chi vicinanza non ha, entrare nei luoghi dimenticati, quelli degli invisibili. Accanto ai non visti, vittime di soprusi, persone senza luogo. Persone con un luogo ma non il loro, anime con tante cose da dire ma non sanno ancora come. Silenzi. Sogni. Chiunque. 

Noi proviamo ad allungare il nostro piccolo lembo di presenza, in un cestino in cui non avere paura. Ci mettiamo a pigna e ascoltiamo chiunque abbia qualcosa da dirci e da non dirci. Ci tessiamo una storia su, su quelle emozioni, di lana e di parole, con garbo e amore. A volte ci basta anche solo una parola, un vostro messaggio in privato, un vostro audio. 

E poi incontri.  Gruppi di letture condivise.

 

Rifugio

Uno tutto vostro, nostro, dove chi vuole può entrarvi. Dove chi è in difficoltà possa trovarsi al sicuro. Dove chi ha voglia può chiedere, fare domanda, lasciarsi un mondo veloce sull’uscio insieme alle scarpe, e per qualche ora, se vuole, portarsi con sè il proprio speciale, e a modo suo, entrare in uno più piccolo, quello di Storie di Lana, fatto di calma, di domande, di parole talvolta scomode. In cui trovare conforto, laboratori, musica e cose buone da mangiare. Una tana tutta nostra che si possa toccare in carne ed ossa, una tana per bambini piccoli dove i bambini restino per giocare, mentre i grandi hanno da fare, o mentre i grandi restano lì accanto ma si ascoltano a vicenda, dove attraverso una storia di spunto si possa dirne qualcosa, o niente. Ma insieme.

Quelle tane dove si organizzano cose e si gioca quelle coi libri per bambini piccoli e le sediette piccole. Ma che in realtà sono per i grandi, anche se non bisogna dirglielo perchè sennò ci rimangono male. Uno spazio per grandi e meno grandi, soprattutto per quelli che dicono che tutto questo è follia. Noi ci crediamo, perchè crediamo, nonostante tutto, in un’arte semplice, che possa intrecciare parole, persone, e immagine.

Un’immagine che differenzi

e che porti avanti la diversità, la bellezza, il particolare. Una bellezza che parla da sola, una solitudine che racconta la vita. Un progetto che includa, che abbracci. Fili, colori, parole intrecciate portavoci della storia di ognuno, oltre l’appiattimento di una linea che appaga e non si spezza mai. E a noi invece, piace che si spezzi e possa tangere linee spezzate altrui, ogni volta che qualcuno voglia condividerne anche solo la coda, o il naso freddo. Oltre lo stereotipo, il pregiudizio, i si deve per poter sopravvivere, per essere visti, apprezzati, ascoltati, amati.

Voci di minoranza

quella che possa nel suo piccolo, fare la differenza nel mondo, fosse il mondo di uno solo. Una minoranza che sa parlare e farsi sentire, per chi ha ancora orecchie per ascoltare, in cui una storia non diventi un’unica storia ma una storia unica, come la bellezza, come la fragilità di cui siamo costituiti. Sappiamo che per molti far parlare le minoranze oggi come oggi è un’utopia, per altri una perdita di tempo. Ma alcuni nascono con questo virus. E non c’è cura.

 

Lanaterapia: i buchi, l’amaca, i bordi

Grandi esperte di solitudine, di sopravvivenza a furibonde tempeste, volevamo che qualcuno assetato di tana, tranquillità e tenerezza potesse trovare un luogo piccolo e di poche pretese dove pensare ad altro, fosse un colore, una parola: lanaterapia. Giocando con le parole, addolcendo qualcosa che molto spesso dolce non è. Pensieri, tormenti, gioie, ciò che ci caratterizza. Non sempre facile, non sempre morbido. Spesso scomodo, deludente e doloroso. Perchè il gioco è una cosa molto seria.

Abbiamo sempre cercato di bordare il dolore

come potevamo e soprattutto come non riuscivamo, creandovi un pellicciotto attorno, un bordo come quello della pizza, una corbula imbottita, che delimita, che permette la presa, che raccoglie e accoglie, limite a qualcosa che non si vede ma si sente molto forte: il buco, la voragine, la groviera che portiamo dentro.Il pensiero che anche buchi molto aspri, amari, potessero profumare di un sapore diverso, più simile al pane buono che alla nausea. Per stare, non per forza meglio, ma il meno peggio possibile. Crediamo che una delle parole chiave che anima Storie di Lana sia proprio questa, possibile. Rafforzare gli intorni colorandoli e infeltrendoli, con l’idea che coltivando il terreno attorno si potesse ottenere molto di più che accanendosi sul buio cieco. Con la speranza che lui, scuro e indecifrabile col tempo potesse prendere una nuova vita, colore, forma, fino a trovare la voglia e il desiderio di cucirvi un’amaca, su quel vuoto, sorseggiando il proprio succo preferito mentre la musica più dolce scompiglia nuovi pensieri.

Si può, è possibile. Ma questo che sanno queste Storie di Lana non è molto importante. È più importante per noi cercare di dare voce al meglio che possiamo ai nostri personaggi.

Cucire e scucire un’infinità di volte. E non c’è garanzia. Ma il viaggio ne vale la pena. Noi ne siamo l’esempio.

© Storie di Lana
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